venerdì 5 agosto 2016

Nostalgia delle vecchie lettere scritte a mano


Mandami una mail. Come si dice correttamente poi, mandami una mail o mandami un’e-mail? Non lo so, però concordo pienamente con Beppe Severgnini quando sul Corriere di qualche tempo fa dichiarava: “L’email è rapida, intuitiva e tempestiva quindi femminile, senz’altro”.

Torno dalle vacanze, accendo il pc, controllo il mio indirizzo di posta elettronica e vengo travolta da un numero spropositato di mail. Com’è nata questa ossessione per l’invio di mail? Come facevamo prima che esistesse la posta elettronica? Ho mai avuto una cassetta delle lettere che straripasse di lettere e cartoline? Non ricordo.

“Ho una cosa da dirti, ti mando una mail”. Una volta avrei potuto aspettare il tuo ritorno dalle vacanze ora no, ogni cosa è urgente e io te la devo dire, ora e subito, poi tu la leggerai, non mi importa quando ma tu la leggerai e io ne avrò le prove.
Perché non ci si può dire le cose a voce e ci si manda una mail? È solo una questione di tempo che manca? E se di pari passo con la tecnologia fosse cresciuta anche la nostra sfiducia nel prossimo?

Eravate sedute vicine in ufficio, lei sedeva alla tua sinistra. Era una sfinge. “Carla ti devo parlare”. “Ora non posso, mandami una mail”. Eravate sedute l’una di fianco all’altra ma potevate parlarvi via mail per una mattinata intera, discutere perfino, tutto via mail. Lei aveva sempre ragione. Alla fine per interrompere quell’inutile, sfiancante carteggio virtuale senza fine concludevi con una “faccina”, un due punti e una parentesi. Avevi incassato ma solo in apparenza. Lei era soddisfatta. Tu tiravi un sospiro di sollievo: finalmente eri libera di pensare a cosa avresti preparato per cena.

Ritorniamo al nocciolo della questione, perché si scrivono così tante mail? Non lo so, ci devo pensare. Io ho nostalgia delle lettere, di quelle scritte a mano però, di quelle cartacee. Anche voi negli anni ’80 ne scrivevate ai vostri compagni di scuola perché le leggessero nel pomeriggio?
Vi eravate parlate tutta la mattina e poi, uscite da scuola, le allungavi una busta colorata. Avevi passato un pomeriggio intero a sceglierla nella cartoleria più fornita dell’isolato. “È per te, leggila nel pomeriggio. Fammi sapere!”. Il giorno dopo sarebbe stato il tuo turno. Tu saresti stata la destinataria di quella lettera. L’avresti letta nel pomeriggio durante una pausa di studio tra un problema di geometria e uno di matematica. Ora no, ora la sua lettera è un messaggio breve, frettoloso, scritto con il telefonino forse, però che emozione leggerlo.

(già pubblicato in codcast channel)

2 commenti:

  1. bellissime le vecchie lettere scritte a mano, ne ho conservate alcune....

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    1. sì. è vero. io ho anche conservato alcune cartoline. è davvero un peccato che ora non se ne scrivano più.

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